Intervista a Maurizio Bonolis artista internazionale
Vincitore della copertina del 2° numero di GALLERIA Arte e Stile
Può raccontarci come è iniziato il suo percorso artistico? Quali sono state le principali influenze che hanno guidato la sua evoluzione come artista?
Potrei dire che il mio percorso artistico è nato insieme a me. Fin da quando ero bambino, ho iniziato a disegnare in maniera istintiva. Mi bastava avere una matita fra le dita, e mi divertivo a disegnare su qualsiasi cosa mi capitasse a portata di mano: vecchi fogli di carta, compresi quelli con cui il salumiere aveva incartato la sua merce, e persino il piano del tavolo di legno della cucina, che conservo ancora, come un bellissimo ricordo.
Crescendo, poi, quello che maggiormente influenzava il mio lavoro era il “movimento”, specialmente quello degli animali, come gatti, uccelli, cavalli, che cercavo di far rivivere con i miei colori sulla tela. Di conseguenza, gli artisti che mi piacevano di più, erano proprio quelli che inserivano la sensazione del movimento nelle loro opere, come i Futuristi, Picasso con le sue animatissime scene di corrida, e così via. I ritratti, i paesaggi e le nature morte, non mi interessavano molto.
La sua opera che ha vinto la copertina del secondo numero della nostra rivista ha colpito molto per la sua originalità e innovazione. Qual è il significato che desidera trasmettere attraverso questa creazione?
Nella mia opera “Jellyfish”, ho cercato di immaginare le prime forme di vita che si muovevano in un oceano primordiale, con lo scopo di mettere in evidenza il fatto che tutti gli esseri viventi, noi compresi, discendiamo da organismi semplicissimi, a volte costituiti da poche cellule, e poi, nell’arco di milioni di anni, ci siamo evoluti, ci siamo differenziati ed abbiamo assunto le forme più diverse. Ma, in fondo, discendiamo tutti dagli stessi antenati comuni.
Quali sono state le principali sfide che ha incontrato lungo il suo cammino artistico e come le ha superate?
Il momento più difficile per me, è stato quando, circa quindici anni fa, mi sono trovato in uno stato di totale mancanza di ispirazione e di creatività. Mi sembrava di non avere più niente da dire con la mia pittura. Mi sedevo davanti al cavalletto, come facevo tutti i giorni da anni, e rimanevo a fissare la tela bianca, anche per due o tre ore, senza che mi venisse in mente qualcosa da dipingervi sopra. Temevo che il mio percorso artistico si fosse bruscamente e prematuramente interrotto, pensavo che, forse, non avrei dipinto più.
Poi, un giorno, più per gioco che per altro, mi sono messo davanti al computer di mia figlia, e ho cominciato a “scarabocchiare” qualcosa, usando un programmino di grafica digitale.
Continuando a fare questo anche nei giorni seguenti, e familiarizzando sempre di più con questo nuovo strumento, piano piano, mi sono reso conto che poteva venirne fuori qualche cosa di buono, fino a quando, ad un certo punto, ho scoperto le infinite possibilità che poteva offrire l’arte digitale, e sono entrato in un mondo completamente nuovo, dove ho ritrovato la creatività e l’entusiasmo che, fino a poco prima, mi sembravano perduti per sempre.
Come vede l’evoluzione della sua arte digitale nel futuro? Ci sono nuovi progetti o idee che sta esplorando e che vorrebbe condividere con i nostri lettori?
A questo punto mi sembra opportuno fare una precisazione, perché, il termine “arte digitale” è una definizione molto generica, all’interno della quale sono compresi molti modi diversi di operare. Tanto per fare solo qualche esempio, c’è un tipo di arte digitale, nella quale si prendono delle immagini già esistenti, generalmente fotografie, e si modificano con l’ utilizzo del computer, e le opere che ne derivano, sarebbe più giusto chiamarle “elaborazioni digitali”; poi c’è l’arte “generata dal computer”, nella quale, l’operatore immette nella macchina un algoritmo da lui creato, ed il computer, sulla base di questo, crea automaticamente un’immagine, e così via dicendo. La tecnica che uso io, l’ho battezzata “computer aided painting”, cioè “pittura assistita da computer”, che è, probabilmente, la forma di arte digitale più vicina alla pittura tradizionale. In effetti, cambiano solo gli strumenti: al posto della tela c’è lo schermo, invece dei pennelli si usa il mouse e al posto dei colori ad olio o acrilici ci sono i pixel colorati. In fin dei conti, almeno dal punto di vista mentale, il modo di lavorare è lo stesso. Completata l’opera, questa può essere stampata su qualsiasi tipo di supporto materiale (carta, tela, legno, ecc.), e diventa un “quadro” a tutti gli effetti. Per rispondere alla domanda, direi che, nel futuro, vorrei continuare su questa strada, facendo attenzione al fatto che il protagonista principale sia sempre e solo l’artista, con la sua mente e con le sue idee, e che la “macchina” rimanga sempre soltanto uno strumento al suo servizio.
Forse è questo il messaggio che vorrei condividere con i lettori, perlomeno con quelli che guardano ancora con un po’ di diffidenza l’arte digitale, pensando che “…tanto fa tutto il computer…”, perché, almeno nel mio caso, questo non è assolutamente vero, e ci tengo a fare in modo che la “macchina” non prenda mai il sopravvento sull’ essere umano.
La vittoria del concorso e l’apparizione sulla copertina della nostra rivista rappresentano un riconoscimento significativo. Come pensa che questo successo influenzerà la sua carriera artistica?
Sono veramente orgoglioso di aver ottenuto questo riconoscimento, ed infinitamente grato ai curatori della rivista, per aver apprezzato la mia opera. Sono sicuro che la visibilità che è stata data al mio nome e al mio lavoro, tramite la rivista, mi aiuterà ad essere conosciuto e, spero, apprezzato, da un numero sempre più grande di amanti dell’arte.